Un nuovo progetto – Selam

Ciao a tutt*

è da un po’ che sto pensando a questo progetto e solo oggi ho pensato di condividerlo con voi in una fase embrionale. Ho deciso di raccontarmi e raccontarvi una storia, ma non una qualsiasi.
Si tratta di un viaggio senza fine, un’avventura attraverso luoghi e persone lontane che ho avuto il privilegio di scoprire grazie al potere della tecnologia e alla collaborazione con ChatGPT.

Insieme a voi, affronterò ogni capitolo di questo racconto, immergendomi nelle vite dei protagonisti e scoprendo i segreti che il destino ha in serbo. Ogni passo sarà un’opportunità per conoscere meglio Meklit, per esplorare le strade di Gulele e per lasciarci trasportare dalla magia di un’esperienza che va ben oltre le pagine di un libro.

Grazie a voi, questa storia prende vita. Sono entusiasta di iniziare questo viaggio insieme!

Con affetto,
Imma

Era mio padre

Alla mia prima seduta di psicoterapia, la dottoressa mi ha detto (immagino sia una domanda di routine)

“Perché è venuta qui, oggi?”

“Perché devo elaborare la morte di mio padre.”

“Quando è successo?”

“Non ancora, ma succederà presto.”

Dopo un mese mio padre è morto.


Senza troppo girarci intorno, lui è morto nel peggiore dei modi, con una malattia terribile, in un letto di ospedale.

A volte la vita sa essere veramente crudele e io sapevo che il dolore sarebbe stato troppo pesante da portare con me, con i miei progetti, le mie idee, il mio lavoro e i miei figli.
Ho chiesto aiuto alla psicoterapia prima e alla meditazione poi, ma l’ho fatto per puro egoismo.

Quando ho salutato per l’ultima volta mio padre ho capito una cosa: non potevo cambiare gli eventi, potevo solo ingoiare il dolore, prendermi una pausa da tutto per poi ripartire.

E l’ho fatto.

Dovresti scrivere un libro…

Dovresti scrivere un libro, mi è stato detto qualche volta (forse troppe).

Loro non sanno che io il libro ce l’ho in testa da anni, deve solo farsi spazio tra mille altre idee, progetti, pensieri per poi prendere forma.

La forma.

E che forma dare alla mia scrittura? Chi, tra i tanti autori che ho praticamente divorato negli ultimi anni, avrebbe più impatto sul mio stile? Non lo so, ma intanto il bisogno di scrittura diventa impellente e allora ho pensato di ripartire da questa stanza tutta per me, il mio blog.

Vista con un granello di sabbia

Lo chiamiamo granello di sabbia.
Ma lui non chiama se stesso né granello, né sabbia.
Fa a meno di nome
generale, individuale,
instabile, stabile,
scorretto o corretto.

Non gli importa del nostro sguardo, del tocco
Non si sente guardato e toccato.
E che sia caduto sul davanzale
è solo un’avventura nostra, non sua.
Per lui è come cadere su una cosa qualunque,
senza la certezza di essere già caduto
o di cadere ancora.

Dalla finestra c’è una bella vista sul lago,
ma quella vista, lei, non si vede.
Senza colore e senza forma,
senza voce, senza odore e dolore
è il suo stare in questo mondo.

Senza fondo lo stare del fondo del lago
e senza sponde quello delle sponde.
Né bagnato né asciutto quello della sua acqua.

Né al singolare né al plurale quello delle onde,
che mormorano sorde al proprio mormorio
intorno a pietre non piccole, non grandi.

E il tutto sotto un cielo per natura senza cielo,
dove il sole tramonta non tramontando affatto
e si nasconde non nascondendosi dietro una nuvola ignara.
Il vento la scompiglia senza altri motivi
se non quello di soffiare.

Passa un secondo.
Un altro secondo.
Un terzo secondo.
Ma sono solo tre secondi nostri.

Il tempo passò come un messo con una notizia urgente.
Ma è solo un paragone nostro.
Inventato il personaggio, insinuata la fretta,
e la notizia inumana.

 

Wisława Szymborska

Ritorno col botto

Mi mancava questo spazio tutto mio e rileggendo tutto quello che ho “vomitato” in passato mi ha fatto bene: ho avuto la conferma che non sono mai stata normale ed è un buon punto di partenza.

Ho bisogno di scrivere, di dare un senso logico alle tante idee che mi passano per la mente e, soprattutto, ho la necessità emotiva di poter visualizzare in un post i miei dolori – in questo modo posso capire che non sono così insopportabili se stanno in poche righe.

E quindi torno col botto.

Un botto sordo.

Sentirsi Miranda Bailey in Grey’s Anatomy 14×12

Un periodo particolarmente ricco di emozioni, per non dire rotture di cazzo e cambiamenti decisivi, che va avanti ormai da qualche settimana/mese.

Cambiamenti a lavoro, o almeno credo.

Cambiamenti di casa, quello è successo davvero.

Cambiamenti economici, per una vecchia storia di merda finita male in tribunale e che mi tocca pagare!

Eh niente. All’improvviso chiudo gli occhi e mi sembra che sia tutto confuso, caotico, esageratamente pesante da sopportare.

Ma io poi sopporto, anche bene. Sopporto a livello emotivo e fisico nell’immediato, e riesco a gestire piuttosto bene questi fottutissimi problemi.

Il problema è la mia anima.

Sì, perchè, pensandoci, certe cose appesantiscono l’anima.

E l’anima, questa bastarda, quando è stanca poi si vendica su tutto il tuo corpo. Ti combatte da dentro, e non è facile prevedere le sue mosse. Ti attacca il cuore, lo stomaco, la mente e allora tu ti trovi ad aver risolto i problemi “esterni”, ma devi fare i conti con i tuoi interni: quelli che tutti in maniera sommaria definiscono attacchi di panico.

Eccomi qua, presente!
Sono una di quelle che soffre di questa malattia dell’anima, per la quale non c’è cura o diagnosi, ma solo incertezze e tanta leggerezza da parte dei medici.

Quante volte mi sono sentita dire…è lo stress, non ci pensare, prendi un ansiolitico. O peggio…è perchè sei molto emotiva, sono solo dei periodi, vai dallo psicoterapeuta.

Toglietemi l’anima! Sarebbe la soluzione migliore. Per me è solo un peso. Se mi sottoponessero alla psicostasia, come facevano gli egizi, sono sicura che questa stronza peserebbe 21 kg e non 21 grammi, e alla fine mi beccherei pure l’inferno!

Sulla fobia gender

Per deformazione professionale vi dico che la teoria della “bolla” su Facebook ci condiziona molto l’umore e soprattutto i pensieri.

In pratica leggiamo su Fb quello che siamo, perchè ci siamo circondati di persone più o meno vicine, per cui siamo come in una bolla, leggeremo sempre gli stessi punti di vista, sappiamo già quando succede qualcosa chi condividerà giudizi positivi e chi negativi..

Però che palle!!
Che palle trovarsi amicizie forzate da parentele o legami strani che per una serie di motivi non puoi cancellare (solo) dalla tuo profilo.

Perchè con l’età che avanza mi rendo sempre più conto che circondarsi di persone positive, intelligenti e solari fa bene alla vita.

Ecco, negli ultimi mesi leggo continuamente link da genitori moooolto attenti alla salute psico fisica dei propri figli, sulla pericolosità dell’ideologia gender.
Ma così…alla cazzo.
Senza fonti, senza informazioni..solo leggendo titoli di giornali beceri.

Non parliamo poi dei falsi-bigotti che “orroooooore” vogliono parlare di sesso ai nostri figli…quella cosa che si fa al buio, dopo il matrimonio e solo per concepire altri figli…
Eh sì cari miei, perchè educazione sessuale vorrebbe dire fin da piccoli essere a conoscenza di metodi contraccettivi per prevenire malattie e gravidanze indesiderate…quindi io la vedo più o meno così:
– dalla cupola del vaticano parte l’alert sull’argomento
– esperti di comunicazione bigotta fanno passare la notizia sottolineando parole chiave come “genitali” “toccarsi” “scambiarsi di ruolo”…parole che sanno già che alle persone IGNORANTI faranno malissimo
– si inizia a condividere come i pazzi video di documenti letti da semi analfabeti che tremano solo al pensiero di dire sesso (con la firma di un’associazione che a me dà i brividi, che pubblica notizie e articoli a dir poco allucinanti → lo sai.eu (secondo me invece non sapete un cazzo)

Ho come l’impressione che il 90% creda che gender sia sinonimo di gay…e questo mi fa davvero male.

Come se io non tenessi all’educazione sessuale dei miei figli, o alla loro integrità morale…ma per piacere!!!

Eliminare dal pensiero dei nostri figli l’idea di genere…è un passo avanti. Spero vivamente che la generazione dei nostri figli sia libera da questa merda.

 

Milf

Secondo me ci dovrebbe essere un limite per l’utilizzo di questa parola.

Giuro che ho visto donne che si auto definiscono milf..e forse lo utilizzano per sinonimo di “vecchia cuperta” (cit. Amlo)

Come se fosse poi un complimento…ohi ma sappiamo di cosa stiamo parlando??

Di un acronimo che sta per Mother I‘d Like to Fuck…e simm pur cuntent…

Non mi chiamare Milf, grazie
Anzi visto che ci siamo e che  parli come un bimbo minkia non mi chiamare proprio.

Non ti definire Milf, grazie
fino a qualche anno fa eri semplicemente una “simpatica”

Buona giornata belle e brutte 🙂

La grande permalosa

Eh beh…
direi proprio di sì

antoniomenna

Se fossimo così solerti nel prenderci cura di Napoli come lo siamo nell’offenderci su Napoli, vivremmo sì nella città più bella del mondo. Invece balliamo i nostri giorni sulla ferita aperta, e lo sfregio siamo noi, i parassiti della bellezza, i deturpatori.
I grandi permalosi.

Tempo fa il ballerino Roberto Bolle, passando accanto al teatro San Carlo, vedendo una sequenza di senzatetto accamparsi sotto le volte di quei cento metri meravigliosi che corrono tra piazza del Plebiscito e il Maschio Angioino, lungo la camminatura della Galleria Umberto da un lato, e dei giardini di Palazzo reale dall’altro, cinquettò su twitter, tra lo sconfortato e l’istintivo, una cosa tipo “che schifo”.

Fu preso d’assalto.

Dovette precisare che non gli facevano schifo i barboni ma il degrado nel quale erano ridotti; che il suo disappunto non era quella povertà in cerca di riparo ma che la città non trovasse altro rimedio…

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Lamentazioni, la mia però non è per niente poesia.

Mi sto sul cazzo da sola quando comincio la giornata con le mie forme poetiche di lamentazioni….

Ma la casalinga disperata/mamma incompresa fa anche questo no??

Però che palle..mi ritrovo a lanciare segnali di aiuto…a spiegare che sto arrivando al limite fisico e psicologico…che vorrei avere 10 minuti al giorno per me, che a volte non mi sento neanche un essere umano.

Poi mi passa il nervoso…poi.